
C'è sempre un momento quando la comunicazione verbale si attiva fra due persone in cui il nostro cervello è un cavallo a briglie sciolte. E' un istante brevissimo e impalpabile che non si può afferrare ne tantomeno prevedere. Lo captiamo solo quando è passato. La drammaticità ma anche la naturalezza sta nella totale mancanza di controllo di noi stessi in quel battito di ciglia.
La società, per fortuna o forse no, ci impone regole di comportamento tali per cui quello spazio temporale si è abbreviato fino a diventare così minimo ma lì c'è tutto il nostro essere animali, tutto il nostro essere di carne. Lì cadono le maschere, quando è solo l'istinto a farci pensare e non la ragione che tempestivamente regola la nostra favella. Se solo avessimo le palle per dilatare quell'istante ci sarebbero meno incomprensioni verbali dovute al "dico ma non dico" o dovute al "l'educazione prima di tutto". E' chiaro che le relazioni sociali sarebbero più difficili ma anche meno finte, più schiette e ci porterebbero a capire l'altro senza voli mentali inconcludenti.
Insomma, che palle le frasi come: "pensavo che pensassi così, per cui non te l'ho detto".
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